Caio Fabbricio, Vienna, van Ghelen, 1729

 ATTO TERZO
 
 Corridore che corrisponde a vari appartamenti.
 
 SCENA PRIMA
 
 TURIO e BIRCENNA
 
 TURIO
 Da la fuga di Sestia e del suo amante
1050tolta è a Pirro ogni spene
 de l’ingiusto suo amor.
 BIRCENNA
                                            Parmi di udirne
 i fremiti e le accuse.
 TURIO
 Pirro n’è ignaro; e a tutti,
 fuorché al padre di Sestia,
1055che così volle, il tacqui.
 BIRCENNA
                                            Ei che ne disse?
 TURIO
 Parve turbarsi; mi lasciò; ma forse
 n’era lieto in suo cor.
 BIRCENNA
                                         Quanto ti deggio!
 TURIO
 L’onor di sì bell’opra
 tutta di Turio sia l’alta mercede.
 BIRCENNA
1060Basta sì poco a lui? Non sì modesto
 poc’anzi era il suo affetto.
 TURIO
 I voli de l’amor frena il rispetto.
 BIRCENNA
 Non mi creder sì ingrata.
 Amor vuoi da Glaucilla? Amor ne avrai.
 TURIO
1065Eh! Tanto ben per Turio
 non è. Per meritarti
 fora a pena bastante
 l’offerta di più regni; ed il mio amore
 a poterti offerir non ha che un core.
 BIRCENNA
1070Che dir vorrai?
 TURIO
                               Ciò che ne dicon tutti.
 Gli audaci voti omai correggo e meglio
 comincio ad onorar la mia regina.
 BIRCENNA
 Tal sono, è vero. A la tua fede, o Turio,
 il negarmi qual son farebbe oltraggio.
 TURIO
1075Ma troppo intanto divampar la fiamma
 fer le dolci speranze, or sì infelici.
 BIRCENNA
 Sia in conforto al tuo duol che avrai costante
 il favor di Bircenna e di Glaucilla
 l’imeneo...
 TURIO
                       Di Glaucilla?
 BIRCENNA
1080Sì, tra le ancelle mie la più diletta.
 Beltà le ride in volto; e se ampia dote
 chiedi o se nobil cuna,
 essa l’ha da retaggio e da fortuna.
 TURIO
 
    Sarà vezzosa e bella,
1085mille avrà pregi e mille;
 ma non sarà mai quella,
 quella che tanto amai.
 
    Voi chiome e voi pupille,
 d’amor facella e rete,
1090sole ostentar potete
 a imprigionarmi i lacci,
 a incenerirmi i rai.
 
 SCENA II
 
 BIRCENNA e PIRRO
 
 PIRRO
 Principessa, egli è tempo
 che s’intendano meglio i nostri cori.
1095Obblio le andate offese e de l’illustre
 figlia di Glaucia onor già rendo al grado.
 BIRCENNA
 Perché non dir più tosto,
 rendo al dover la fede? E poscia anch’io
 onte e spergiuri obblio. Non vuol decoro,
1100non ragion, non amor ch’io rifiutata
 torni al regno ed al padre.
 PIRRO
 Nel tuo giusto dolor veggo il mio torto.
 Ma che far posso? Fu sorpreso il core
 e Sestia ti prevenne.
 BIRCENNA
1105La viltà de l’oggetto
 dovea farti arrossir.
 PIRRO
                                       Se co’ miei lumi
 lo potessi mirar, vil nol diresti.
 BIRCENNA
 Qual mercé ne ottennesti? Ire e disprezzi.
 PIRRO
 Crescerà per contrasto il mio trionfo.
 BIRCENNA
1110Sestia è ognor tua nemica.
 PIRRO
 Ed è mia schiava ancor.
 BIRCENNA
                                              Tua schiava? Eh! Pirro,
 l’armi tue vincitrici
 s’affrettino a cercarla entro di Roma.
 PIRRO
 Che dici?
 BIRCENNA
                     Ella col caro
1115suo Volusio è fuggita.
 PIRRO
                                          O dei! L’ingrata?...
 BIRCENNA
 Chi dato abbia a colei mano e consiglio
 nol cercar che in Bircenna.
 Re d’Epiro, fintanto
 che spergiuro mi offendi,
1120da l’ire mie sicura
 la tua vita e ’l tuo amor non sarà mai.
 Ma se ragion mi fai,
 non potresti trovar regina e sposa
 né di me più fedel né più amorosa.
 
1125   Cessa di più oltraggiarmi;
 rendimi fede e amor;
 e ’l tenero mio cor
 tutto vedrai languir per te, mio sposo.
 
    Ma se ricusi amarmi,
1130non sempre il mio furor
 invano ferirà.
 Io non avrò pietà né tu riposo.
 
 SCENA III
 
 PIRRO e poi CINEA
 
 PIRRO
 E fuggirmi poté? Poté tradirmi
 l’iniqua?... A che qui perdo
1135i rimproveri e l’ire? Olà, custodi,
 dietro l’indegna coppia...
 CINEA
                                                Il tuo prevenni
 regio voler. Per ogni parte intorno
 scorron legni e soldati...
 PIRRO
 Ah! Cinea, tal perfidia
1140creduta avresti? I doni miei l’ingrata
 in mio danno ha rivolti. Ella è fuggita.
 CINEA
 La figlia accusi e non condanni il padre?
 PIRRO
 Come?
 CINEA
                 Anch’egli a gran passi
 va su l’orme di lei.
 PIRRO
                                     Fabbricio ancora?
1145Fuggir? Perché? Qui nol rendean sicuro
 la ragion de le genti? Il grado? E Pirro?
 Or va’; mi ostenta la virtù romana.
 Volusio ordisce inganni,
 Sestia manca a la fede
1150e Fabbricio a sé stesso, a Roma, a Pirro.
 
 SCENA IV
 
 FABBRICIO, SESTIA e i suddetti
 
 FABBRICIO
 Né a te né a Roma né a sé stesso ei manca.
 Eccoti in Sestia, o Pirro,
 la mal fuggita figlia.
 Torni la sconsigliata a quella sorte
1155che la fe’ tua cattiva.
 Tu di ferree ritorte
 il piè non le aggravasti; e in sua custodia
 ti bastò la sua fede.
 Se ne abusò. Degna è di pena; e l’abbia.
1160Ceppi, carcere e quanto
 di ragion sovra lei l’armi ti danno,
 non risparmiar. Lo soffrirà la figlia
 e cor faralle il padre.
 Ma il confine sia questo
1165del tuo poter. Quel che di più volesse
 esiggerne la forza è contra il giusto,
 contra il dover. Pur s’uopo il chiegga, il sappi,
 Sestia, che ha roman petto e che è mia figlia,
 fra morte e disonor non si consiglia.
 PIRRO
1170Generoso Fabbricio, or ben m’avveggio...
 FABBRICIO
 Oprando con virtù, lodi non chieggio.
 
    Quella è mia figlia; e ’l mio (A Pirro)
 sangue rispetta in lei.
 Tuo genitor son io. (A Sestia)
1175Sai quel che devi a me.
 
    Stinguer un pravo ardore (A Pirro)
 sia la tua gloria, o re.
 Ma ciò che esigga onore, (A Sestia)
 io non rammento a te.
 
 SCENA V
 
 PIRRO, SESTIA e CINEA
 
 CINEA
1180In sì funesto amor che più ostinarti?
 PIRRO
 Non anco ei giugne a disperar. Tu parti. (Cinea parte)
 SESTIA
 (Poiché lunge è ’l mio ben, nulla si tema). (Da sé)
 PIRRO
 Sestia, ad esser ritorni
 mia prigioniera. Nol temevi e lieta
1185col tuo Volusio ti affrettavi al Tebro,
 in tuo cor numerando,
 tra i gaudi tuoi, l’onte di Pirro e l’ire.
 Ma t’ingannasti. Or qual discolpa, ingrata,
 da quella fuga avrai che t’hanno aperta
1190solo i miei benefici?
 SESTIA
 Re, lo dirò. Cotesti
 tuoi benefici mi serviano appunto
 di più cruccio e terror che i ceppi e i mali,
 onde aggravar del mio servaggio il peso
1195potevi. Io ti vedea per desir vano
 perderti ciecamente;
 e più che al proprio scampo,
 provvidi a la tua gloria.
 PIRRO
 Eh! Tanto la mia gloria
1200non t’era a cor. L’amante,
 che al tuo fianco trovai, l’amore, il rischio
 di lui t’hanno sedotta; e in fuggir seco,
 a Volusio servisti e non a Pirro.
 SESTIA
 Più che non pensi, a te servii. Già posso,
1205orché Volusio è salvo, osare e dirti
 ciò che tratto dal cor mai non mi avrebbe
 né minaccia né pena.
 La morte, a cui ti tolse
 ne la pugna il suo error, qui dal suo braccio
1210non avresti sfuggita. Io lo ritenni;
 né potendo al tuo amor render amore,
 t’usai pietà per non parerti ingrata.
 Ciò ch’ei fece in tuo pro, Pirro, il vedesti;
 ciò che ancora in tuo danno
1215ei potesse tentar, Sestia il sapea.
 Egualmente io temea
 per te, per lui. Gli consigliai la fuga.
 Ma un gran ben non gli parve uscir di rischio
 senza me. Vinse amor. Vinse pietade.
1220Se errai, caro è l’error. L’austero padre
 rea mi rende a’ tuoi ceppi;
 ma Volusio ei mi salva, in cui ragione
 non avean l’armi tue. Questo a me basta.
 Non son nel peggior fato; e mi consola
1225che, costretta a soffrir, soffrirò sola.
 PIRRO
 Sola ancora...
 
 SCENA VI
 
 CINEA, poi VOLUSIO disarmato in abito di romano con guardie e i sopradetti
 
 CINEA
                           Signor, quanto oggi devi
 a’ tuoi stessi nemici,
 Volusio è tuo prigion.
 PIRRO
                                          Volusio?
 SESTIA
                                                            O dei!
 CINEA
 Ne le regie tue stanze
1230dai custodi sorpreso.
 PIRRO
 Sestia, gli dei son giusti.
 SESTIA
 Sfortunato amor mio! Che fei? Che dissi? (Volusio viene fra guardie)
 CINEA
 Vedil.
 PIRRO
               Minaccia il volto e inerme è ’l braccio.
 SESTIA
 Per timor d’irritar, mi arretro e taccio. (Si ritira in disparte)
 PIRRO
1235Misero, qual sei tu?
 VOLUSIO
                                       Romano, o Pirro.
 PIRRO
 Qual ti appelli?
 VOLUSIO
                               Ha ’l mio nome
 di che farti tremar. Megacle uccisi.
 PIRRO
 Te altre volte in aspetto
 di macedone io vidi.
 VOLUSIO
1240Ora in quel di romano
 e ognor di tuo nemico.
 PIRRO
 Con quale idea?
 SESTIA
                                 Mi fa tremar. (Da sé)
 VOLUSIO
                                                            Non rendo
 ragion di me che a Roma.
 PIRRO
 Ti faranno parlar ruote e flagelli.
 VOLUSIO
1245Chi petto ha per morir, l’ha per tacere.
 PIRRO
 Sestia disse le trame. A che le taci?
 VOLUSIO
 Perché chieder a me ciò che già sai?
 PIRRO
 A uccidermi venisti.
 VOLUSIO
                                        E ti salvai.
 PIRRO
 Se il ciel non confondea gli empi disegni,
1250destinavi al tuo ferro
 l’onor de la mia morte.
 VOLUSIO
 Tor del mondo i tiranni atto è da forte.
 SESTIA
 Ardir che mi spaventa. (Da sé)
 PIRRO
 O d’anima romana eccelso pregio!
1255Cercar da un assassinio i suoi trionfi!
 VOLUSIO
 Li cercai nel conflitto; e grazie rendi
 a la mano che errò
 e che poi ti salvò, se in vita or sei.
 CINEA
 In custodia dei re veglian gli dei.
 PIRRO
1260Tu mi rinfacci una pietà non tua.
 VOLUSIO
 Questo è ’l sol mio dolore
 che il nemico di Roma
 e di Sestia il tiranno in te ancor viva.
 PIRRO
 A me Sestia rammenti? Ella ti perde.
 SESTIA
1265(Questo ancora in mia pena?) (Da sé)
 VOLUSIO
 Tua morte io ritardai. Tu la mia affretta.
 Verrà l’odio di Sestia in mia vendetta.
 PIRRO
 Toglietelo al mio aspetto.
 Da la mia tolleranza
1270gli si accresce furor.
 VOLUSIO
                                       Dillo costanza.
 
    Tre gran beni avrò da morte
 in mia pace e in tuo dolore.
 
    I miei dì chiuder da forte
 e lasciar in Sestia un core,
1275che per te sia tutto sdegno
 e per me sia tutto amore. (Parte con guardie)
 
 SCENA VII
 
 PIRRO, SESTIA e CINEA
 
 PIRRO
 Morte e pena, sì, avrai che degna sia
 de la tua audacia e de l’offesa mia.
 SESTIA
 Misera me! (Da sé)
 PIRRO
                          Troppo il tuo duol sofferse.
1280Sestia, ti lascio in libertà di pianto.
 Andiam, Cinea.
 CINEA
                                Son teco.
 PIRRO
 Supplice a me verrà. (Piano a Cinea)
 CINEA
                                          Né pur d’un guardo
 ne degna.
 SESTIA
                     Che farò? (Da sé)
 PIRRO
                                         Che cor protervo! (Piano a Cinea)
 Vana pietà qui più t’arresta. Andiamo. (A Cinea)
 SESTIA
1285Ahimè! Dove, o signor? Che far pretendi?
 PIRRO
 A dar morte a l’iniquo.
 SESTIA
 L’odio di Sestia avrai.
 PIRRO
 L’amor non meritai. L’odio non curo.
 SESTIA
 Movati il mio dolor.
 PIRRO
                                       Del mio ti calse?
 SESTIA
1290Deh! Se vuoi che al tuo piè... (Volendo proseguire vede Fabbricio che la riguarda e le fa cenno)
 PIRRO
                                                       Cinea, tel dissi (Piano a Cinea)
 che supplice verria.
 CINEA
                                       Sta ancor pensosa. (Piano a Pirro)
 SESTIA
 L’amor mi sprona. Mi spaventa il padre. (Da sé)
 Sestia, che ha roman petto e che è sua figlia,
 avvilirsi non dee... Ma ’l mio Volusio?... (Guarda di nuovo il padre. Pirro e Cinea parlano sommesso)
1295Vani saranno i preghi.
 Si vorrà di sua vita
 che sia prezzo il mio amor.
 PIRRO
                                                   Non viene ancora?
 SESTIA
 Va’ pur. Volusio e con lui Sestia mora. (A Pirro risoluta. Pirro guarda Cinea. Fabbricio fa applauso a Sestia. Sestia sta di nuovo pensosa)
 PIRRO
 
    Alma crudele,
1300senza pietà,
 quel sì fedele
 tuo caro amante,
 sì, morte avrà.
 
    E ne l’estremo
1305de’ suoi sospiri
 sai che dirà?
 Non che il conquide
 la mia giust’ira
 ma che l’uccide
1310tua crudeltà.
 
 SCENA VIII
 
 SESTIA e FABBRICIO
 
 SESTIA
 Barbaro sacrificio
 a la fede e al dover!
 FABBRICIO
                                      Figlia, in soccorso
 venni a la tua costanza
 e ne fui testimon. Con qual mia gioia,
1315quest’amplesso tel dica.
 SESTIA
                                              Ah! Questo, o padre,
 ch’io ricevo da te, sarà l’estremo.
 FABBRICIO
 Giovane incauto! Io ’l salvo. È mio comando
 che alla patria ritorni;
 e a me fidi il pensier della tua sorte;
1320e si perde egli stesso e vien qui a morte.
 SESTIA
 Tratto da quell’amor che non ha legge,
 io feci il suo periglio. Ah! Sua difesa
 sii tu. Placagli il re. Padre, tu ’l puoi.
 FABBRICIO
 Ciò ch’io possa non so; ma poco onore
1325fora il mio, spettatore
 starmi ozioso e vano,
 sul rischio suo, non perché e’ sia tuo sposo
 ma perché in lui v’è il cittadin romano.
 SESTIA
 
    Vita mi desti e sposo.
1330Serbami i cari doni.
 Padre, se m’abbandoni,
 padre non sarai più.
 
    Temi il mio fier dolore.
 A petto del mio amore,
1335poco sperar ti lasci
 la debil mia virtù. (Parte)
 
 FABBRICIO
 Che non fa amor paterno? Odami Pirro. (Parte)
 
 Gabinetto di Pirro con tavolino da scrivere. Porta nel mezzo e altra laterale.
 
 SCENA IX
 
 PIRRO e CINEA
 
 CINEA
 Qual pro dalla sua morte?
 PIRRO
 Perderò un fier nemico.
1340Punirò un’alma ingrata.
 CINEA
 Fora miglior consiglio usar clemenza.
 PIRRO
 Sestia non la implorò. Da l’esser chieste
 le grazie de’ regnanti acquistan pregio.
 Va’, Cinea. Sotto l’armi
1345l’esercito disponi. Il campo tutto
 vegga qual si gastighi
 chi a la vita di un re tenta gl’insulti.
 CINEA
 Ma, signor...
 PIRRO
                          Va’. Ubbidisci.
 Il facondo tuo dir, cui più conquiste
1350deggio che a l’armi mie, fra i suoi trionfi
 non conterà quel del mio sdegno. Io voglio
 che tremino una volta odio ed orgoglio. (Va a sedere al tavolino. Lo ascolta alquanto e poi scrive)
 CINEA
 
    Scrivi. Lo vuol vendetta.
 Scrivi la ria sentenza.
1355Sdegno la detta. E poi?
 Dolor succederà.
 
    L’alma tornando in calma,
 de’ ciechi sdegni suoi
 con sé si sdegnerà. (In questo viene il capitano delle guardie di Pirro a parlargli all’orecchio e poi al cenno di Pirro si parte)
 
 SCENA X
 
 PIRRO e poi FABBRICIO
 
 PIRRO
1360Il romano orator? Venga. Ei vien forse (Si leva)
 a pregar per Volusio.
 Nulla otterrà.
 FABBRICIO
                            Re, per suo fato avverso
 o per folle consiglio,
 Volusio è in tuo poter. Sia che ti giovi
1365crederlo delinquente o reo tel mostri
 un certo audace giovanil trasporto,
 non aspettar che in suo favor m’adopri.
 S’ei n’è degno, abbia morte. Iniquo è al pari
 chi protegge le colpe e chi le assolve.
1370Ma tu per esser giusto,
 devi pria bilanciar demerto e pena;
 e non lasciar che da privato affetto
 peso ai falli si aggiunga e nei gastighi,
 più che severità, sdegno abbia parte.
 PIRRO
1375Da molt’anni, o Fabbricio,
 su più popoli ho scettro;
 e del regnar so le virtù e i doveri.
 FABBRICIO
 Questa rendon giustizia
 più popoli al tuo nome ed io con loro.
1380Ma l’amor proprio in certi casi un velo
 ne distende sugli occhi
 che discerner gli oggetti
 non ne lascia quai son.
 PIRRO
                                            Come? Volusio
 qui non venne a tentar, fino in mia stanza,
1385l’eccidio mio? La sola idea, ch’ei n’ebbe,
 lieve colpa a te sembra? A tali eccessi
 pena s’indugierà, per dar poi tempo
 che a maturezza iniquità li tragga?
 Eh! Punir lui mi è forza
1390o lasciar l’esser re.
 FABBRICIO
                                    Da l’altrui rabbia
 pur tua vita e’ difese.
 PIRRO
 Per privarmene ei stesso.
 Ei nol seppe negar né Sestia il tacque.
 FABBRICIO
 E ben. Soffra il supplicio
1395del mal ch’ei non ti fece;
 e del ben, che ti fece, obblio ti prenda.
 Ah! Pirro, se in Volusio
 non trovassi il rival...
 PIRRO
                                         Basta. T’intendo.
 Il geloso amor mio fa che in Volusio
1400il nemico mi finga e l’assassino.
 Ricadrà in mia vergogna
 la già data sentenza. Orsù, da questa
 macchia il mio onor si terga.
 Si laceri il reo foglio; e tu, che solo (Straccia la sentenza)
1405la grand’alma spogliar puoi d’ogni affetto,
 giudica tu Volusio. Io tel rimetto.
 FABBRICIO
 Io giudice di lui?
 PIRRO
                                  Sì. Tu di Pirro
 sostien le veci. Di un roman sul fato,
 un romano decida.
1410Ma in giudicando rammentar ti dei
 che il re di Epiro e non Fabbricio or sei.
 
 SCENA XI
 
 FABBRICIO
 
 FABBRICIO
 Dura necessità! Ch’esser io deggia
 giudice di Volusio,
 di lui che già mi elessi
1415in genero, anzi in figlio. E chi a tal legge
 può costrignermi?... Chi?... Forse al protervo
 fato, che il preme, esimerò il suo capo,
 se il giudicio ricuso?
 Anzi più affanno a lui, più scorno a Roma
1420fia che un barbaro re sotto la scure
 mandi un capo romano
 in figura di reo. No. Non fia vero.
 L’onta è comune. Mi dimandan questo
 sacrificio funesto e patria e onore.
1425Il farò. Pirro il vegga.
 Di romana fortezza armati, o core.
 
 SCENA XII
 
 SESTIA e FABBRICIO
 
 SESTIA
 Grazie agli dii. Grazie al buon padre. Il cielo
 m’ebbe pietà. Tu dal furor di Pirro
 m’hai Volusio protetto.
 FABBRICIO
                                             Onde il sapesti?
 SESTIA
1430Or or da Pirro istesso.
 FABBRICIO
 Che disse?
 SESTIA
                       Al genitore
 chiedi il tuo sposo. Ei ne ha l’arbitrio.
 FABBRICIO
                                                                      Ah! Figlia.
 SESTIA
 Che? Tu sospiri? Il re m’avria delusa?
 FABBRICIO
 Purtroppo è ver. Da me il destin ne pende.
 SESTIA
1435E pena l’amor tuo, quando mel rende?
 Tu suocero di lui, tu padre mio...
 FABBRICIO
 Giudice di Volusio ora son io.
 SESTIA
 Giudice suo, potresti?...
 FABBRICIO
 Condannarlo, se è reo.
 SESTIA
                                           Deh! Qual dal labbro
1440ti uscì barbara voce!
 Che mai fece il meschin? Qui non si tratta
 di perfide congiure
 o di sprezzate leggi o di negletta
 militar disciplina. Il sol suo fallo
1445è aver pensato e non tentato un colpo,
 per cui gli si dovria da te e da Roma
 premio, non che perdono.
 FABBRICIO
 Risponderti per Roma
 potrei; ma Pirro e non Fabbricio or sono.
 SESTIA
1450Morrà dunque il mio sposo?
 FABBRICIO
 Sì, se giusto sarà.
 
 SCENA XIII
 
 VOLUSIO e i sopradetti
 
 VOLUSIO
                                   Né ingiusta fia,
 te giudice, o signor, la morte mia.
 FABBRICIO
 Volusio.
 SESTIA
                  O dei! Volusio...
 VOLUSIO
 Signor che le altrui veci
1455qui adempi a giudicarmi,
 quanto già mi risparmi
 di orror! Veduto in Pirro
 un tiranno qui avrei,
 di tutti gli odi miei barbaro oggetto;
1460ma poiché man sì cara
 dee segnarne il decreto,
 col più placido core e col più forte,
 incontrar mi vedrai supplicio e morte.
 FABBRICIO
 Morte e supplicio a te verrà; ma alora
1465che dal giudice tuo sarai convinto.
 VOLUSIO
 Lo so, il delitto, onde accusato io sono,
 sta ne l’aver voluto uccider Pirro.
 FABBRICIO
 Nel conflitto era gloria e qui era colpa.
 VOLUSIO
 E qui...
 FABBRICIO
                 Volusio, avverti
1470che il giudice di Pirro in me ti ascolta.
 VOLUSIO
 Mi ascolti e mi condanni.
 SESTIA
                                                 Ah! No. Se m’ami,
 abbi di Sestia, abbi di te pietade.
 Giustifica te stesso. Arte supplisca,
 ove manchi ragion...
 VOLUSIO
                                        Che? Mi vorresti
1475vile così? Tu ancor ne avresti orrore.
 Tolga il cielo, o signore,
 ch’io per tema di pena il ver ti asconda.
 Volli uccider in Pirro
 il nemico e ’l rival. Due faci a l’ira
1480Roma e Sestia accendea.
 Il colpo, che impedii, non mi discolpi
 da quello che non feci
 e che s’ora potessi, io pur farei.
 Per la patria e per te morendo, o sposa,
1485non mi posso pentir degli odi miei.
 FABBRICIO
 Figlia, dal tuo Volusio
 prendi l’ultimo addio.
 SESTIA
                                           L’ultimo? Ah! Padre.
 FABBRICIO
 E lagrime e querele
 con me risparmiar puoi.
1490E se al dolor non sai far petto, altrove
 sul destino di lui piangi, se ’l vuoi.
 SESTIA
 Misero! Oh! Pirro ancora
 fosse il giudice tuo. Potrei sperarlo
 inesorabil meno;
1495o qualche sfogo almeno
 potrei dare al mio affanno,
 la fierezza accusando
 del carnefice tuo, del tuo tiranno.
 FABBRICIO
 Sestia. (Fiero)
 SESTIA
                 Ahimè! Nei trasporti
1500del mio dolor perdo ragion. Perdessi
 così anche vita. Padre,
 tutto usa il tuo rigor. Mal lo dividi.
 Me ancor condanna, se Volusio uccidi.
 VOLUSIO
 Cara Sestia, ai lamenti
1505pon freno. In pace soffri
 la morte mia. Non accusarne il padre.
 Incolpane il mio fato.
 SESTIA
 E fato e sposo e Pirro e Roma e padre,
 tutto iniquo è per me, tutto spietato.
 FABBRICIO
1510Non più. Già mi facesti
 abbastanza arrossir de’ tuoi sospiri.
 I tuoi ciechi desiri, onde vorresti
 e me ingiusto e lui vil, dal core esiglia.
 Vanne e sii meno amante o sii più figlia.
 SESTIA
 
1515   Che barbara sorte!
 Lo sposo va a morte;
 il padre il condanna,
 che sorte tiranna!
 E ancor mi si vieta
1520lo sfogo al martir.
 
    No, padre. No, sposo,
 puoi tu troppo austero,
 tu troppo pietoso,
 vietarmi il lagnarmi
1525ma tormi non puoi
 l’amar e ’l morir.
 
 SCENA XIV
 
 FABBRICIO e VOLUSIO
 
 FABBRICIO
 Qualche a l’amor, qualche fiacchezza al sesso
 dee perdonarsi.
 VOLUSIO
                                Qual da Pirro schermo
 resterà a l’infelice?
 FABBRICIO
1530Il tuo esempio e ’l suo amore.
 Non temer.
 VOLUSIO
                        Si consoli
 de la perdita mia.
 FABBRICIO
                                    Cara a lei sempre
 ne sarà la memoria.
 VOLUSIO
                                       Abbia per Pirro
 odio al pari del mio.
 FABBRICIO
                                        L’avrà qual deve
1535al nemico di Roma.
 VOLUSIO
 E tu in Roma difendi
 la gloria mia.
 FABBRICIO
                           Sapranno
 e consoli e tribuni
 che da forte cadesti e con la lode
1540de’ tuoi stessi nemici.
 Volusio, addio. Più che di Sestia il duolo,
 mi strigne il cor la tua virtù. Te questa
 accompagni a la tomba e fra’ tuoi vanti
 alora avrai sin di Fabbricio i pianti.
 
 SCENA XV
 
 VOLUSIO
 
 VOLUSIO
1545Vivrà in Sestia il mio amor. Vivrà ne’ fasti
 de’ romani trofei la mia memoria.
 Che più bramar? Bello è ’l morir con gloria.
 
    Tra l’onore e tra l’amore
 si divida quel respiro,
1550in cui l’alma scioglierò.
 
    Diami Roma un sol sospiro,
 una lagrima il mio bene
 e contento alor morrò.
 
 Campo attendato di Pirro.
 
 SCENA XVI
 
 PIRRO e CINEA; seguito di capitani e di soldati macedoni
 
 CINEA
 La sentenza è già data.
 PIRRO
                                            E nulla il mosse
1555la sua amistà? Nulla di Sestia il pianto?
 CINEA
 Pregio è d’alma romana a l’equitade
 sacrificar figli, congiunti, amici.
 PIRRO
 Come? In Fabbricio il fier decreto è giusto?
 Ed ingiusto era in Pirro?
1560Non l’intendo, o Cinea.
 CINEA
                                             V’è gran divario,
 sire, tra ’l dar consiglio e ’l porlo in opra.
 Spesso s’insinua come onesto e retto
 ciò che in sé si conosce iniquo e torto.
 PIRRO
 Taci; e lui vedi in suo pensier raccolto.
 CINEA
1565Del tranquillo suo cor fa fede il volto.
 
 
 SCENA XVII
 
 FABBRICIO con seguito di romani, poi Turio e i suddetti
 
 FABBRICIO
 Nel da me condannato
 Volusio, o Pirro, il tuo giudicio assolvo.
 Nulla in ciò più mi resta
 di arbitrio. In lui ti aggrada
1570far la pena eseguir? Giusto sarai.
 Rivocarla? Pietoso.
 Tra giustizia e clemenza,
 segui quel calle, ove il gran cor ti chiama.
 Da lunge a me la fama
1575ne perverrà.
 PIRRO
                          Che? Tu partir? Si rende
 qui al tuo merto ogni onor.
 FABBRICIO
                                                   Roma mi attende.
 A lei tacerò Sestia;
 Volusio tacerò. Dirò che Pirro
 a difender si ostina
1580Tarentini e Sanniti, ai prigionieri
 nega cambio e riscatto e che a lui piace
 ingiusta guerra più che onesta pace.
 PIRRO
 Oh! Se uom sì grande ognor potessi al fianco...
 FABBRICIO
 Qual io mi sia, tu non conosci appieno. (Fabbricio prende in mano una carta)
 CINEA
1585Che fia?
 FABBRICIO
                   Non di nemici e non di amici
 sei buon giudice, o re. T’inganni in tutti.
 Leggi e vedrai che a torto (La dà a Pirro)
 fai guerra ai buoni e nei malvagi hai fede.
 Né pensar già che amor di te mi spinga
1590l’empie trame a svelarti. (Vien Turio col suo seguito)
 Quel vero amor, che in nobil petto alligna,
 da me l’esigge. Onta farebbe a Roma,
 saper le insidie e te soffrirne oppresso;
 e crederia la terra
1595che, dando braccio a iniquità sì enormi,
 ne mancasse valor per farti guerra.
 PIRRO
 O perfidia! O virtù! Vil Turio! Ingrato (Dopo aver letto)
 popolo!
 TURIO
                 Ah! Siam traditi. (Da sé)
 PIRRO
 Cinea, si vuol de la mia morte in prezzo
1600l’amicizia di Roma. A me si appresta,
 in mercé di perigli e di sudori,
 letal bevanda. Inorridisci; e leggi. (Dà la carta a Cinea)
 TURIO
 O Ciel! (Da sé)
 FABBRICIO
                  Fé non si serba ai traditori. (Verso Turio)
 PIRRO
 Se in mio favor fai tanto
1605nemico ancor, che mai faresti amico?
 FABBRICIO
 L’onesto oprar di chi ben opra è ’l fine.
 CINEA
 Mio re, sia tempo omai che generoso...
 PIRRO
 A me Sestia e Volusio. (Alle guardie)
 Sforzo, ah! quanto funesto al mio riposo!
 
 SCENA ULTIMA
 
 SESTIA, VOLUSIO, poi BIRCENNA e i suddetti
 
 SESTIA
1610Teco morir vo’ anch’io. (A Volusio)
 VOLUSIO
 Crudel che sei! Tal mi consoli?
 SESTIA
                                                          O dio!
 PIRRO
 Per resister a Roma
 e per vincerla ancor petto ho che basta
 e forze ancor. Sol tua virtù mi ha vinto.
1615Riedi invitto al tuo Lazio.
 Te seguano giulivi
 i romani cattivi; a te li rendo;
 te Volusio già assolto, a te lo dono.
 E Sestia, a me ancor cara... Ah! Dir nol posso
1620che non ne frema il core,
 col suo amante fedel segua il buon padre
 e obblii di Pirro l’infelice amore.
 VOLUSIO
 In un barbaro re spirti sì eccelsi!
 SESTIA
 Che gioia inaspettata!
 PIRRO
1625Se mia gloria il soffrisse,
 darei pace anche a Roma;
 non che più di costoro
 siami a cor la difesa; io gli abandono
 a la loro viltade e al lor rimorso;
1630ma trar d’Italia il piede e da le tempia
 strapparmi io stesso i già raccolti allori,
 parria viltà. Guerra con Roma io voglio;
 guerra d’onor, non d’odio; e un dì mi accolga
 vincitore o anche vinto il Campidoglio.
 FABBRICIO
1635Gran re, non dai trofei che ti dier l’armi
 ma da quei che or ti dà l’anima eccelsa,
 Roma conoscerà che mai non ebbe
 più dubbio Marte a sostener. Volusio,
 Sestia, i cattivi, io più di tutti, al Tebro
1640spargerem le tue lodi
 e l’armi appresterem. Ma credi, o Pirro,
 che, assai più che da guerra e da vittoria,
 vien da pace a un buon re grandezza e gloria.
 BIRCENNA
 E nel comun contento io sola, io sola
1645rimarrò desolata?
 PIRRO
 No, principessa. Attendi
 che meglio spente sien del primo incendio
 le ancor fervide vampe.
 Sol ne l’alme incostanti
1650un amor l’altro incalza. Il mio vuol tempo.
 BIRCENNA
 L’abbia. Ne son contenta.
 Ma la mia fede e ’l tuo dover rammenta.
 CORO
 
    La gloria è un gran bene,
 la brama ogni cor.
 
 PIRRO
 
1655   Di lei si compiace
 chi in campo guerriero...
 
 FABBRICIO
 
 Chi in grembo di pace...
 
 BIRCENNA
 
 Dal regno io la spero.
 
 SESTIA, VOLUSIO
 
 Io l’ho nel tuo amor.
 
 Fine del dramma
 
 Ballo di nobili romani, di epiroti, di illirici e di tarentini.
 
 
 LICENZA
 
1660Regno, amor, guerra, pace e gli altri pregi,
 per cui gloria si ottien, di più grand’alme
 son l’oggetto e ’l piacer. Qual va per uno
 titolo, qual per altro illustre e chiaro;
 ma tu sorgi per tutti,
1665nome di immortal fama, augusto Carlo;
 e come un sol trofeo formano insieme,
 raccolte e sovraposte, armi e vessilli,
 così in sola tua gloria
 alzano eterno monumento i regni
1670ereditati e i vinti
 e del pubblico amor gli ossequi e i voti
 e i bellici trionfi e la costante
 pace che doni e che difendi. Accenno
 i tuoi vanti, o signor; ma di chi m’ode,
1675meglio l’idea gl’intende
 né lor fa torto la mia scarsa lode.
 Così in picciola tela,
 ove sia circoscritto il mondo intero,
 l’ampia mole di lui l’occhio non vede
1680ma l’intelletto ne comprende il vero.
 
    Sudi l’arte; e qual formarti
 statua può? Qual arco alzarti,
 u’ l’ingegno e l’opra arrivi
 i tuoi vanti a pareggiar?
 
1685   Ma se impresso
 resti quivi il nome augusto,
 si dirà ch’ei sol sé stesso
 è bastante a celebrar.
 
 Fine